venerdì 9 dicembre 2016

VIRGILIO - PARTE GENERALE

Sintesi delle cose di Storia della letteratura da sapere nelle interrogazioni:

Riguardo alle Georgiche si deve sapere che:


2. Dalle Bucoliche alle Georgiche  (38----26 a.C.) 
Nel 38 a.C. le Bucoliche  sono ormai (è verosimile) completate, e  già Virgilio ha un nuovo influente protettore: Mecenate. In quest'anno, il giovane Orazio entra a far parte della cerchia di amici, e vi trova già insediato Virgilio. Mecenate non chiede ai giovani letterati di talento nessuna partecipazione diretta alle fortune del partito di Ottaviano. Ma la sua influenza è evidente in una nuova generazione di opere poetiche -gli Epodi di Orazio, le Georgiche di Virgilio. 

La composizione costò a Virgilio quasi dieci anni di lavoro […] Una durata tanto lunga non stupisce. Virgilio, secondo i suoi biografi, lavorava con accanimento su ogni particolare, e si correggeva molto[1]. D'altra parte, le Georgiche presuppongono una straordinaria ricchezza di letture: grande poesia greca (Omero e anche i tragici, gli Alessandrini), e romana (Lucrezio, Catullo, ecc.),
 
Le Georgiche come poema didascalico  come poema didascalico   
Il titolo Georgica prometteva al lettore colto romano qualcosa di molto più limitato rispetto alle reali ambizioni dell' opera. Il genere del Poema Didascalico in Età Ellenistica è diventato una Docta Poesis, un esercizio raffinatissimo di stile, ma, dal punto di vista degli insegnamenti, sterile. Lo stesso Arato, cantore dei fenomeni celesti, ha informazioni poco profonde sull'astronomia, ma adopera con rara sottigliezza le convenzioni della lingua poetica. Il suo stile è intriso di manierati richiami omerici.
Chi fosse stato interessato ai soli contenuti, teorici o pratici, poteva rivolgersi direttamente ai trattati tecnici: è la prosa, ormai, il veicolo ufficiale dell'informazione e della manualistica. (De Agricoltura di catone)

Lo sfondo augusteo
Lo spazio georgico del poema ha una sua cintura protettiva. Il giovane Ottaviano si profila come l'unico che può salvare il mondo civilizzato dalla decadenza e dalla guerra civile (l, 500 segg.): siamo nell'età di crisi prima di Azio, nell'incertezza che nasce dalla morte di Cesare e da Filippi. Altrove, egli appare già come trionfatore e portatore di pace, […] figura divina che vigila sul mondo e protegge la vita dei campi (l, 40 segg.). Il nuovo principe assicura le condizioni di sicurezza e prosperità entro cui il mondo dei contadini può ritrovare la sua continuità di vita. Per questo tipo di cornice ideologica, le Georgiche si possono considerare il primo vero documento della letteratura latina nell'età del principato.

Struttura e composizione
Ogni libro tratta una tematica autonoma, è introdotto da un proemio e presenta una digressione conclusiva. di estensione piuttosto regolare:
I – Il lavoro dei campi, proemio lungo, digressione: le guerre civili (I 463-514);
II - Arboricultura, proemio breve, digressione: lode della vita agreste (II 458-540);
III - Allevamento del bestiame, proemio lungo, digressione: la peste degli animali (III 474-566);
IV - Apicultura. proemio breve, digressione: la storia di Aristeo e delle sue api (IV 315-558).

L' ordine in cui questi lavori sono collocati nel testo descrive una curva, per cui l'apporto della fatica umana diviene sempre meno accentuato, e la natura (vista, comunque, in funzione dell'uomo) è sempre più protagonista. Allo sforzo incessante dell'aratore, nel libro I, risponde, nel libro IV, la terribile operosità delle api.
Hanno chiaro valore di  cerniera i proemi: due volte lunghi, ed esorbitanti rispetto al tema georgico dei singoli libri (1,III); due volte brevi e strettamente introduttivi (II e IV). Queste somiglianze formali hanno anche una funzione più profonda: I e III libro risultano così accoppiati, e lo sono anche nelle grandi digressioni finali: guerre civili e pestilenza degli animali si richiamano quasi a specchio, e gli orrori della storia corrispondono ai disastri della natura. Rispetto a questi
finali «oscuri», rasserenante è l'effetto delle altre digressioni: l'elogio della vita campestre si oppone alla minaccia della guerra, e la rinascita delle api replica allo sterminio della pestilenza
ma l’equilibrio dello stile e la simmetria della struttura non nascondono l’irrompere di inquietudine e conflitti

La storia di Aristeo e Orfeo 
La digressione finale del IV libro ha, a differenza delle altre, carattere narrativo. È introdotta come  àition alla maniera  alessandrina: «origine», e spiegazione, di un fatto mirabolante: la bugonia. Le fonti naturalistiche antiche parlano spesso di questa proprietà delle api, che possono nascere dalla corruzione di una  carcassa bovina. Virgilio ora racconta una storia sulla scoperta di questa meraviglia[2]

Virgilio ha collegato due miti abbastanza diversi fra loro, ripensandoli entrambi. In questo pesa molto una tradizione della poesia alessandrina e neoterica, quella dei racconti a incastro che Virgilio dispiega con grande virtuosismo: i due racconti sono collegati da sottili parallelismi narrativi. Il contadino Aristeo e il poeta Orfeo affrontano entrambi una serie di peripezie: il primo è calato entro un fiume sino alla favolosa origine delle acque; il secondo scende addirittura  nell'abisso dell'Oltretomba. L 'eroe contadino e il poeta, per  diverse vie, finiscono entrambi a lottare contro la morte. Paralleli nello sviluppo (la ricerca di un mezzo per superare una privazione), i due racconti sono opposti nelle conclusioni: fallisce l'impresa di Orfeo, che non rispetta una prescrizione divina; ha successo la missione di Aristeo, che invece si distingue per scrupolosa obbedienza. 
Tutta la costruzione narrativa è, a sua volta, chiusa nell'impianto del poema didascalico. Virgilio invita il lettore a rintracciare una continuità. Alcuni temi fondamentali del poema si ritrovano ora sotto mutata veste, cioè sotto specie non più didattica ma narrativa. La figura di Orfeo fonde insieme le grandi possibilità dell'uomo, che col suo canto arriva persino a dominare la natura, e il suo scacco, l'impossibilità a vincere la legge naturale della morte. L 'altro eroe civilizzatore, Aristeo, indica una diversa strada: la paziente lotta contro la natura (già nella tradizione mitica Aristeo inventa» la caccia, il caglio del latte, la raccolta del miele, ecc.) è
sostenuta da una tenace obbedienza ai precetti divini e conduce fino alla rigenerazione delle api. Così la digressione narrativa illumina la sostanza del messaggio didascalico, e a sua volta ne viene illuminata. Senza offrire una soluzione precettistica, Virgilio lascia che il suo racconto sia attraversato dal contrasto fra differenti modi di rivolgersi alla Natura.



[1] Un lungo processo compositivo è denunciato anche dalla scalatura delle allusioni storiche disseminate nell'opera. Il finale del I libro evoca un'Italia in preda alle guerre civili, in cui l'ascesa di Ottaviano è solo una speranza insidiata da molti pericoli: lo scenario ha senso solo se è concepito in anni intorno al 36 a.C., quando il potere di Ottaviano non è ben assestato neppure in Italia, e sono recenti le devastazioni della guerra civile. In molti altri luoghi il poema mostra già il principe trionfatore dell'universo pacificato.

[2] Aristeo ha perso le sue api per un'epidemia. Con  l'aiuto della madre, la ninfa Cirene, l'eroe contadino scopre l'origine del morbo: senza volerlo egli aveva causato la morte di Euridice, la sposa del cantore Orfeo. Un veggente racconta ora ad Aristeo la triste storia del poeta: sceso all' Ade, aveva saputo riportare in vita la moglie con la forza del suo canto; poi, per un fatale errore, l'aveva di nuovo, e per sempre, perduta. Segue la sconsolata morte del poeta Orfeo: ma da questo racconto Aristeo trae un insegnamento prezioso. Con un sacrificio di buoi viene placata la maledizione: e dalle vittime del sacrificio, miracolosamente, si sviluppa la vita di nuove api. 

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