martedì 21 febbraio 2017

Eneide VII - Alletto e Amata

Nata da Acheronte e dalla Notte il suo nome non ha ancora oggi un'etimologia univoca. Probabilmente significa "colei che non riposa", "colei che non dà requie", ma alcuni interpreti propendono per "l'indicibile", "colei il cui nome non può essere pronunciato".
Secondo la genealogia classica, Aletto e le altre Erinni nacquero invece dal sangue di Urano, sgorgato dalla ferita provocata da Crono.

Disse, e calò tremenda su la Terra;
e, dall'inferna tenebrosa sede
delle Dive crudeli evocò Alletto,
la Dea funesta che ha nel cuor discordie
 e vendette e calunnie e tradimento
Anche il padre Plutone, anche le sue
tartaree sorelle odian quel mostro,
tanti sono gli aspetti in cui si muta,
tanto son fieri i volti suoi, di tanti
serpenti fosco pullula il suo capo.
Con questi accenti l'istigò Giunone:
<<Fa' quest'opra per me, per me soltanto
vergine figliuola della Notte,
sì che infranti non cadano il mio nome
e l'onor mio, sì che non possa Enea
. congiungersi per nozze al re Latino
ed occupare l'itale contrade.
Tu puoi armare unanimi fratelli
l'un contro l'altro e sovvertir famiglie
con la discordia, tu scagliar flagelli
e fiaccole funeste entro le case;
mille hai nomi, mille arti di rovina.
 Orsù, riscuoti l'animo fecondo.
Rompi gli accordi. Semina dovunque
cause di guerra. La latina prole
armi gridi e domandi, armi brandisca.>>
Infetta di gorgònidi veleni
subito Alletto si calò nel Lazio
su l'alta reggia del signor laurente,
e scese nella tacita dimora
dove Amata era tutta in gran travaglio
e accesa d'ire e di femminei crucci
per le nozze di Turno e per l'arrivo
di quei Troiani. A lei scagliò la Diva
un serpente del cèrulo suo crine
e in seno glielo spinse entro i precòrdii,
sì che dal mostrò in gran furor gettata
 ella turbasse tutta la dimora.
Tra le vesti serpendo e il molle seno
si svolse quello senza pur toccarla
e insinuò non avvertito in lei
l'anima viperina e la follia;
poi sul collo divenne aureo monile,
divenne benda e le annodò le chiome,
<<Dunque agli esuli Teucri, o genitore,
darai sposa Lavinia? E della figlia
tu non senti pieta? Non di te stesso?
Non della madre, che il crudel ladrone
lascera qui se appena soffii il vento,
fuggendo con la vergine sul mare?
Non così dunque il dardano pastore
s'introducea nella città di Sparta
ed Elena ledea condusse a Troia?
Dov'è la sacra tua regal parola?
Dove l'amor dei tuoi? Dove la destra
data sì spesso al consanguineo Turno?[…].>>
Con queste voci ella tento Latino;
 ma come vide ch'egli stava immoto,
come fluì nei visceri profondi
quel veleno del serpe furiale
e in tutti i membri giù le si diffuse
allora sì la misera, invasata
e sconvolta da spettri spaventosi
a infuriar per la città si diede.
[…] <<Evoè, Bacco!>> urlava,
e gridava che degno eri tu solo
della fanciulla, che per te soltanto
il flessibile tirso ella impugnava,
solo per te moveva a cerchio in danza,
per te cresceva le prolisse chiome.
Volò la Fama, ed uno stesso ardore
trasse le madri, dalle Furie accese,
a cercar tutte insieme altre dimore.
Ed ecco, abbandonarono le case,
diedero al vento gli omeri e le chiome,
empirono di tremuli ululati
l'aëre e cinte di ferine pelli
impugnarono verghe pampinose.
Ella alzo forsennata in mezzo a loro
una fiaccola ardente, e intorno intorno
rigirando sanguigni occhi inneggiava
alle nozze di Turno e della figlia;



Nessun commento:

Posta un commento