sabato 5 novembre 2011

Voci della Ragione 1: Dei delitti e delle pene

Per capire cosa si scriveva nell'Illuminismo, non c'è di meglio che leggere direttamente il più importante libro del periodo pubblicato in italiano: Dei delitti e delle pene di Cesare Beccaria.
Coloro che, essendo stati assenti, non hanno già avuto un capitolo sono invitati a visitare questo il sito Wikisource e a sceglierne uno da riassumere.
Il tutto entro la prossima lezione di storia di mercoledì 9 novembre. è gradito l'invio per posta elettronica o la condivisione sul gruppo FB.


Cap. 36 ‎"Della Cattura" Caterina Verzoni (a cura di)




In questo capitolo de “ Dei delitti e delle pene” di Cesare Beccaria, si prendono in considerazione cinque importanti tesi :
TESI 1 -  LA PRIGIONIA è una pena che deve, per necessità, precedere la dichiarazione del delitto; la sola pena determina i casi nei quali un uomo è degno di pena e decide i delitti che necessitano la custodia del reo. Le prove devono essere stabilite dalla legge, non dai giudici e le pene dovranno essere moderate.
TESI 2 – L’IDEA DELLA FORZA E DELLA POTENZA, che prevale su quella della giustizia; è infatti questa l’opinione degli uomini secondo il sistema criminale. Ci sono stati moltissimi romani accusati di gravi delitti,alla fine trovati innocenti, ma ugualmente favoriti dal popolo e onorati dai magistrati. La prigione, è vista quindi più come un supplizio che come una custodia al reo.
TESI 3 - IL DELITTO è visto da più punti di vista. Secondo alcuni, in qualunque luogo si commetta un delitto, si deve essere puniti; mentre altri credono che dovunque sia fatta un’azione crudele, si possa essere puniti in un’altra città, in modo che tutti lo abbiano come nemico.
TESI 4 - GLI ACCUSATI dei delitti più leggeri saranno puniti dalla prigione, o mandati in schiavitù in paesi lontani, a nazioni che non hanno offeso.
TESI 5 – IL DIRITTO DI FAR PUNIRE UNA PERSONA, non è di uno solo, ma di tutti i cittadini e del sovrano, che può rinunciare al suo diritto e non può annullare quello degli altri.





Cap. 40 ‎"Del Suicidio" Federica Simone (a cura di)


Secondo Beccaria, il suicidio non può avere una pena (tesi 1) vera e propria perché non si possono punire gli innocenti (argomento 1). Infatti le leggi, presuppongono che le pene siano personali. Inoltre Beccaria dice anche che fa meno male alla società l’individuo che si toglie la vita, dell’individuo che si sposta in un’altra nazione (argomento 2). Se, infatti, la forza della nazione si vede dal numero dei cittadini, fa più danno il cittadino che esce dai confini della nazione di quello che si toglie la vita e quindi dalla società. [B. presenta un'antitesi poiché non si può punire chi emigra, non si può nemmeno punire un suicida] 

Si può punire chi emigra? (antitesi)  Questo delitto non può essere punito, a meno che non venga punito prima e in questo caso significherebbe punire le intenzioni del soggetto e non le azioni che ha compiuto (confutazione 1). Ma non si può nemmeno punire nelle sostanze che ha posseduto il soggetto perché si bloccherebbe il commercio tra le nazioni (confutazione 2). Non si può punire nemmeno il fuggitivo al suo ritorno perché si impedirebbe di riparare al male fatto alla società (confutazione 3). Infine, non si può proibire di andare in un altro paese perché questo aumenterebbe il desiderio di infrangere le regole e allontanerebbe gli stranieri (confutazione 4). La legge che imprigiona la popolazione di una nazione è quindi ingiusta come lo è la pena del suicidio, perché non cade direttamente sul suicida ma sulla sua famiglia. 

Nell’ultima riflessione Beccaria si rivolge direttamente agli aspiranti suicidi : Chi vuole rinunciare alla vita, prima di farlo deve considerare la famiglia, infatti sarà proprio la famiglia a essere punita per la morte del parente.

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