mercoledì 9 novembre 2011

Voci della Ragione 2: politeismo o monoteismo?

Valentina Ascani (a cura di)



HUME mette a confronto monoteismo e politeismo,mettendone alla luce pregi e difetti. Alla fine,egli afferma che il politeismo è più tollerante del monoteismo. In queste pagine, si legge che gli antichi miti potevano anche essere basati su fatti realmente accaduti, che poi venivano stravolti nelle forme e nel contenuto per essere usato come mezzo per ingannare il popolo.

Nelle pagine trattate,si analizzano varie antiche popolazioni,tra cui i romani,i graci,gli egizi,gli islamici e i persiani.

Secondo Hume,nella storia naturale della religione l’atteggiamento religioso è,infatti,ricondotto al sentimento di timore e speranza che ciascun uomo prova naturalmente davanti alla forza della natura e al mistero della vita e della morte.
Questo sentimento ha portato prima alla nascita del politeismo,dove gli uomini spiegano l’avvenirsi di determinati eventi alle divinità,cui attribuiscono i caratteri che riscontrano in se stessi.
Solo in un secondo tempo,gli uomini sono passati dal politeismo al monoteismo,indotti soprattutto dall’esigenza di rendere sempre maggiori onori alla divinità che temono e quindi di rappresentarla in maniera sempre più pura e distinta dall’uomo. Il culmine di questo processo è la rappresentazione di un Dio unico,perfetto e infinito,dal momento che al di là dell’infinito non vi è più nulla di concepibile.
Le religioni monoteistiche liberano così l’uomo dall’adorazione e dalla superstizione proprie del politeismo ma, a causa dell’unicità del Dio in cui credere,esse sono anche causa di intolleranza e fanatismo che erano del tutto sconosciuti alle prime rappresentazioni delle divinità.


Francesca Scoccianti
David Hume in questo testo fa un confronto tra monoteismo e politeismo, individuando pregi e difetti di tutti e due e arrivando alla conclusione che il politeismo è più tollerante del monoteismo. Qualsiasi pratica e opinione del politeismo può essere autorizzata ed all’impostura viene lasciata libertà di imporsi sulla credulità. L’idolatria ammette che anche gli dei di altre sette e altri popoli partecipino del divino e rende compatibili tra loro gli dèi con i riti, cerimonie e tradizioni. Il teismo invece presuppone un solo Dio perfetto e vuole presentare all’uomo i motivi più convincenti di giustizia. Questi vantaggi sono limitati dagli inconvenienti che nascono dai vizi e dai pregiudizi umani. Ogni setta è sicura che la propria fede e il proprio culto siano accetti alla divinità e nessuna pensa che lo stesso essere potrebbe gradire riti o principi diversi, le varie sette maturano sentimenti ostili. Le divinità delle varie religioni egiziane erano diverse specie di animali, i quali, in continua lotta tra loro, impegnavano anche i loro seguaci nella stessa contesa. L’Islamismo parte da principi anche più sanguinari ed ancora oggi promette dannazione eterna a tutte le altre sette. Il politeista invece è così tollerante che, per quanta fierezza e avversione possa incontrare da parte di una religione opposta, non riesce a provare ripugnanza e a tenersene distante.



Hume nella Storia naturale della religione analizza le due principali correnti religiose,monoteismo e politeismo,arrivando ad affermare, secondo il suo punto di vista che il politeismo è più tollerante rispetto al monoteismo.
Il politeismo presenta sia svantaggi che vantaggi: per quanto riguarda i primi è soggetto a ostacoli perché tutte le pratiche e le opinioni sono autorizzate, c’è troppa libertà e manca di morale e umanità. Però porta anche dei vantaggi dato che i praticanti del politeismo ammettevano gli dei di altri popoli rendendo possibile la convivenza tra le varie tradizioni e cerimonie.
Invece il monoteismo (o teismo) che ammette la credenza in un solo Dio, presenta i vantaggi di allontanarsi da tutte le cose futili,irragionevoli o che vanno contro questo tipo di culto, anche se sono ostacolati dai vizi e dai pregiudizi dell’uomo e quindi giudicano una cosa inconcepibile credere in più divinità.
Dato che ogni tipo di culto ha le sue divinità e riti di adorazione verso essi è normale che tra le varie sette ci sia ostilità;gli idolatri invece erano più tolleranti dato che ammettevano anche altre divinità o comunque invece di perseguitarle se ne tenevano alla larga.
Secondo Hume il politeismo è quindi più tollerante e aperto pur ammettendo che a volte tale corrente era in contraddizione,come per esempio il rapporto tra i romani conquistatori e gli idoli egiziani, a loro giudizio incompatibili, (es. cane e gatto);oppure nell’evidenziare la posizione di Caio Cesare nei confronti della religione ebrea ritenuta ignobile e barbara.


sabato 5 novembre 2011

Voci della Ragione 1: Dei delitti e delle pene

Per capire cosa si scriveva nell'Illuminismo, non c'è di meglio che leggere direttamente il più importante libro del periodo pubblicato in italiano: Dei delitti e delle pene di Cesare Beccaria.
Coloro che, essendo stati assenti, non hanno già avuto un capitolo sono invitati a visitare questo il sito Wikisource e a sceglierne uno da riassumere.
Il tutto entro la prossima lezione di storia di mercoledì 9 novembre. è gradito l'invio per posta elettronica o la condivisione sul gruppo FB.


Cap. 36 ‎"Della Cattura" Caterina Verzoni (a cura di)




In questo capitolo de “ Dei delitti e delle pene” di Cesare Beccaria, si prendono in considerazione cinque importanti tesi :
TESI 1 -  LA PRIGIONIA è una pena che deve, per necessità, precedere la dichiarazione del delitto; la sola pena determina i casi nei quali un uomo è degno di pena e decide i delitti che necessitano la custodia del reo. Le prove devono essere stabilite dalla legge, non dai giudici e le pene dovranno essere moderate.
TESI 2 – L’IDEA DELLA FORZA E DELLA POTENZA, che prevale su quella della giustizia; è infatti questa l’opinione degli uomini secondo il sistema criminale. Ci sono stati moltissimi romani accusati di gravi delitti,alla fine trovati innocenti, ma ugualmente favoriti dal popolo e onorati dai magistrati. La prigione, è vista quindi più come un supplizio che come una custodia al reo.
TESI 3 - IL DELITTO è visto da più punti di vista. Secondo alcuni, in qualunque luogo si commetta un delitto, si deve essere puniti; mentre altri credono che dovunque sia fatta un’azione crudele, si possa essere puniti in un’altra città, in modo che tutti lo abbiano come nemico.
TESI 4 - GLI ACCUSATI dei delitti più leggeri saranno puniti dalla prigione, o mandati in schiavitù in paesi lontani, a nazioni che non hanno offeso.
TESI 5 – IL DIRITTO DI FAR PUNIRE UNA PERSONA, non è di uno solo, ma di tutti i cittadini e del sovrano, che può rinunciare al suo diritto e non può annullare quello degli altri.





Cap. 40 ‎"Del Suicidio" Federica Simone (a cura di)


Secondo Beccaria, il suicidio non può avere una pena (tesi 1) vera e propria perché non si possono punire gli innocenti (argomento 1). Infatti le leggi, presuppongono che le pene siano personali. Inoltre Beccaria dice anche che fa meno male alla società l’individuo che si toglie la vita, dell’individuo che si sposta in un’altra nazione (argomento 2). Se, infatti, la forza della nazione si vede dal numero dei cittadini, fa più danno il cittadino che esce dai confini della nazione di quello che si toglie la vita e quindi dalla società. [B. presenta un'antitesi poiché non si può punire chi emigra, non si può nemmeno punire un suicida] 

Si può punire chi emigra? (antitesi)  Questo delitto non può essere punito, a meno che non venga punito prima e in questo caso significherebbe punire le intenzioni del soggetto e non le azioni che ha compiuto (confutazione 1). Ma non si può nemmeno punire nelle sostanze che ha posseduto il soggetto perché si bloccherebbe il commercio tra le nazioni (confutazione 2). Non si può punire nemmeno il fuggitivo al suo ritorno perché si impedirebbe di riparare al male fatto alla società (confutazione 3). Infine, non si può proibire di andare in un altro paese perché questo aumenterebbe il desiderio di infrangere le regole e allontanerebbe gli stranieri (confutazione 4). La legge che imprigiona la popolazione di una nazione è quindi ingiusta come lo è la pena del suicidio, perché non cade direttamente sul suicida ma sulla sua famiglia. 

Nell’ultima riflessione Beccaria si rivolge direttamente agli aspiranti suicidi : Chi vuole rinunciare alla vita, prima di farlo deve considerare la famiglia, infatti sarà proprio la famiglia a essere punita per la morte del parente.